Prima c’era l’ orologio da polso, ora c’è il cellulare. Alcune riflessioni (senza che c’entri l’Apple Watch)
Nel post di oggi vorrei fare una riflessione un po’ diversa dal solito, un po’ per gioco, un po’ per stuzzicare la fantasia di chi mi legge. La riflessione di cui parlo è scaturita, come al solito, per una casualità. Ero online a cercare un regalo di laurea e sono capitata su un sito che vende orologi liu jo. E fin qui tutto normale. Poi mi sono ricordata che dovevo acquistare dei libri per il corso di filosofia e ne sono andata alla ricerca su un altro sito, stavolta di libri. La coincidenza è capitata quando, al margine destro della pagina web, sono spuntati gli orologi “lasciati” dai cookies del sito precedente proprio accanto ad un libro di François Jullien, filosofo vivente di nazionalità francese, intitolato Il tempo, elementi di una filosofia del vivere. Una coincidenza davvero strana che le tracce lasciate dai cosiddetti cookies pubblicitari capitassero accanto ad un libro che parlasse dello stesso argomento, vero?
Così sono andata a leggere un estratto del libro, in particolare una parte che parlava del preambolo alle istruzioni per caricare l’orologio. L’estratto diceva:
Pensa a questo: quando ti regalano un orologio, ti regalano un piccolo inferno fiorito, una catena di rose, una cella d’aria. Non ti danno soltanto l’orologio, tanti e tanti auguri e speriamo che duri perché è di buona marca, svizzero con ancora di rubini, non ti regalano solo questo minuscolo scalpellino che ti legherai al polso e che andrà a spasso con te. Ti regalano. non lo sanno, il terribile è che non lo sanno – ti regalano un altro frammento fragile e precario di te stesso, qualcosa che è tuo, ma che non è il tuo corpo, che devi legare al tuo corpo con il suo cinghietto simile a un braccino disperatamente aggrappato al tuo polso. Ti regalano l’obbligo di caricarlo tutti i giorni, l’obbligo di caricarlo se vuoi che continui ad essere un orologio; ti regalano l’ossessione di controllare l’ora esatta nelle vetrine dei gioiellieri, alla radio, al 16. Ti regalano la paura di perderlo, che te lo rubino, che ti cada per terra e che si rompa. Ti regalano la sua marca, e la certezza che è una marca migliore delle altre, ti regalano la tendenza a fare il confronto tra il tuo orologio e gli altri orologi. Non ti regalano un orologio, sei tu che sei regalato. sei il regalo per il compleanno dell’orologio.
Stranissimo a dirsi ma nella mia mente si configurava un’altra immagine: non quella di un orologio da polso, ma quella del cellulare. Così mi sono divertita a sostituire nel testo la parola orologio con la parola cellulare e ne è uscito un nuovo argomento davvero simile alla realtà.
Il cellulare, dal momento in cui ce lo regalano (o lo acquistiamo per noi stessi), diventa un prolungamento del nostro braccio. Ne abbiamo estrema cura, diventa vitale non dimenticarlo mai, averlo sempre con sé. Diventiamo attentissimi e quasi maniacali per non danneggiarlo, per non procurargli graffi. E poi si carica alla stessa maniera in cui si caricavano gli orologi da polso a carica manuale: la sera, magari prima di andare a letto. Proprio nello stesso modo in cui François Jullien descriveva l’orologio costoso dava foggia di sé mostrandosi come accessorio migliore degli altri, il cellulare diventa status symbol dal momento che costa di più. La nostra intera vita sarà piena di dispositivi cellulari e potremmo (quasi) scandire gli anni contando i devices che si sono susseguiti.
Ciò che ne è venuto fuori è una singolare se pur triste verità che finisce così:
Non ti regalano un cellulare, sei tu che sei regalato. sei il regalo per il compleanno del cellulare.
Ci avete mai pensato a quanto siamo diventati coscientemente suoi schiavi?