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Ieri 16 maggio è uscito in Italia “Il grande Gatsby”, tratto dall’omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, diretto da Baz Luhrmann; che vogliate o no chiamarlo remake della precedente trasposizione di Jack Clayton con Robert Redford e Mia Farrow, la pellicola è stata accolta da critiche che hanno diviso il pubblico. Tali critiche si sono rivolte alla recitazione degli attori, a cominciare da Di Caprio, secondo alcuni non all’altezza dell’appellativo “grande” del suo personaggio, per passare a Tobey Mcguire, la cui espressione ingenua provoca addirittura fastidio, per finire alla protagonista femminile Daisy, ruolo ricoperto dalla bellissima Carey Mulligan, alla quale viene recriminato il fatto di non aver mai cambiato espressione. Non la passa liscia nemmeno la mise en scéne, percepita come “un’americanata” dalle scenografie imponenti e orrendamente magnifiche, una pellicola “dalle sconfinate risorse e una spettacolare assenza di gusto”, scrive The New Yorker per finire con la ,secondo me, soggettiva critica all’incapacità di travolgere il pubblico come invece aveva fatto il musical Moulin Rouge, altra pellicola filmata dallo stesso regista.
Io sono andata a vedere il film Il grande Gatsby senza né leggere né ascoltare le varie critiche volate in questi giorni sia da oltreoceano sia dal Festival di Cannes, dove credo che i giornalisti siano troppo impegnati a criticare gli abiti che sfilano sulla passerella rossa invece di porre la giusta attenzione a ciò che succede sugli schermi.
Quando vado a vedere un film mi fido solo del mio gusto e del mio metro di giudizio ed ho riposto grandi aspettative in questa pellicola: il romanzo Il grande Gatsby e l’opera tutta dello scrittore americano Fitzgerald possiedono una magniloquenza e una grandezza di cui pensavo, a torto, potessero essere capaci solo gli scrittori odierni, ben più abituati alla grandezza di vivere del XXI secolo. Quello che ha delineato lo scrittore in quelle pagine l’ho rivisto durante il film: tutta la grazia e l’eleganza senza tempo di un Gatsby che, se da un lato è l’organizzatore delle feste più grandi e alla moda di tutta New York, tanto che tutta la città bene ci si auto-invita, dall’altro possiede debolezza e fragilità tipica di qualsiasi animo
umano che ha mai conosciuto l’amore vero.
umano che ha mai conosciuto l’amore vero.
Senza svelarvi nessun dettaglio della storia, la visione del film merita davvero: certo del 3D si poteva anche far a meno (in genere io non lo amo particolarmente), ma la bellezza degli abiti si gusta con gli occhi, lo scenario di una New York che sta guadagnando il suo posto nell’alta finanza e nella grandezza commerciale del mondo occidentale, si palpa in tutto il film. Quindi non ascoltate quelle critiche negative, andate a vedere il film e poi penserete se condividerle o meno.
Il grande Gatsby è portatore di quel messaggio di immortale speranza che induce a credere in un
futuro da raggiungere, che sembra ogni giorno diventare più vicino, ma come uomini su una barca in balia della vita non riusciamo ad accorgerci non c’è altra direzione, “così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato”.
(per vedere il mio look ispirato agli anni ’20 clicca qui)
futuro da raggiungere, che sembra ogni giorno diventare più vicino, ma come uomini su una barca in balia della vita non riusciamo ad accorgerci non c’è altra direzione, “così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato”.
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